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SAI di Candela "Free entry", Sembala e l'importanza del tirocinio lavorativo

Sembala nel suo Paese lavorava come «coiffeur, come barbiere» ripete indicando la sua testa. Ma ha dovuto lasciare il Mali, la sua casa, la sua famiglia per cercare un futuro migliore, maggior sicurezza. E per lavorare continua ad usare le mani, solo che ha cambiato mestiere. O ci sta provando. «Lavoro come gommista presso l’ACI di Filippo Melchionna a Candela. Mi piace quello che faccio, quello che sto imparando» dice in un misto di francese ed italiano quando ci incontriamo nella sede di Euromediterranea, dove è arrivato per sostenere un colloquio. Perché Sembala, dopo un duro viaggio della speranza, lo scorso mese di gennaio è stato inserito nel progetto 𝐒𝐀𝐈 – 𝐒𝐢𝐬𝐭𝐞𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐀𝐜𝐜𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐞𝐝 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 “Candela Free Entry” promosso dal Comune di Candela e gestito da Medtraining. Grazie alla guida costante dell’equipe del SAI è ripresa la sua vita. 

Prima si è iscritto al CPIA1Foggia per studiare, dove ha preso l’attestato A2; poi,  è stato avviato in un tirocinio formativo nel settore metalmeccanico. «Mi piace vivere a Candela, è un posto tranquillo, si vive bene» confida. «Vorrei continuare a fare quello che sto facendo». Anche per questo, segue con interesse il percorso tracciato dal progetto "𝐏𝐔𝐎𝐈 𝐏𝐋𝐔𝐒 - 𝐏𝐫𝐨𝐭𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐔𝐧𝐢𝐭𝐚 𝐚 𝐎𝐛𝐢𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞” curato da Euromediterranea l’agenzia di sviluppo di Foggia che fa parte del consorzio di cooperative sociali Oltre / la rete di imprese, che favorisce interventi di inclusione sociale e lavorativa destinati ai migranti vulnerabili. Un percorso che prevede attività di orientamento e accompagnamento al lavoro, finalizzate ad avviare un tirocinio formativo in un'azienda con indennità di frequenza di € 562,50 (mensili). Anche l'azienda ospitante, che decide di mettersi in gioco, riceve un contributo economico di € 639,04 (totali).

Sembala non si è lasciato sfuggire questa occasione, anche grazie al continuo supporto della psicologa Maria Teresa Di Sapio, l’operatrice d’integrazione Tania Onesto e il mediatore Imed Daas. Perché il giovane maliano sa che quello che facendo non è solo la possibilità di guadagnare qualcosa, ma anche l’acquisizione di nuove competenze, di un nuovo mestiere, di nuove opportunità. Il suo obiettivo è di essere autonomo e poter ricominciare a vivere. Intanto, attraverso il cellulare si tiene in contatto con la sua famiglia, prova ad azzerare le distanze, racconta quello che fa. Prova a dare delle risposte al suo viaggio migratorio e a immaginare un futuro diverso rispetto a quello che ha lasciato. 
di Emiliano Moccia